mercoledì 16 maggio 2018

Concerto alla Scuola Grande di San Rocco il 18 maggio

Venerdì 18 Maggio ore 16:00

 Chiesa di San Rocco – Venezia 
Venezia 18 maggio 1782 - 18 maggio 2018

Commemorazione di Papa Pio VI 

Nel maggio del 1782 Papa Pio VI (Gian Angelo Braschi, 1717-1799) passò a Venezia di ritorno da Vienna. Dopo una solenne cerimonia di accoglienza ai Santi Giovanni e Paolo e poi in San Marco, il giorno 18 maggio visitò la Scuola Grande di San Rocco, alla quale, sette anni, più tardi conferì il titolo di Arciconfraternita.
Il dicembre scorso, La Scuola Grande di San Rocco ha ricordato il 300° della nascita del Pio VI. Si vuole ora ricordare la sua visita a San Rocco nel giorno in cui fu compiuta.

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Sarà eseguito il seguente programma:

1. DON FRANCESCO ROSSI (Napoli, 1625 - post 1699), La Caduta de gl’Angeli (1656), Oratorio in parte unica

San Michele Arcangelo                     Salvatore Saracino (sopranista)
Padre Eterno                                      Antonio Sapio (tenore)
Lucifero angelico                              Paola Ronchetti / Sabina Cortese (soprano)
Lucifero caduto                                 Walter Testolin (basso)

Violino I, Violino II, Tiorba, Violoncello, Contrabasso,
Trombone Basso, Organo b.c.

2. ORAZIO BENEVOLI (1605-1672), Credo dalla  Missa «In angustia pestilentiae» a 16 voci (1656)

4 cori, 16 voci
Soprano, Alto, Tenore, Basso


Cappella Musicale Santa Maria in Campitelli
Ensemble la Cantoria
direttore: Vincenzo Di Betta

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Particolarmente interessante risulta l'oratorio che sarà eseguito in apertura del concerto, di cui pubblichiamo una descrizione del medesimo, tratta dall'invito speditoci dall'Ensamble "La Cantoria".

La caduta degli Angeli è un oratorio in parte unica che presenta diversi motivi d’interesse. Si tratta di uno di quei pochi esempi di oratorio in musica intessuto sull’episodio biblico della cacciata degli angeli superbi dal Paradiso e, come tale, fa interloquire alcuni personaggi indiscutibilmente accattivanti, anche per il non addetto ai lavori. Di fronte al Padre Eterno (un’altra rarità), affidato alla voce di tenore, si sviluppa infatti la battaglia, a suon di cori battenti, tra angeli virtuosi, capitanati da S. Michele (un sopranista acuto), e angeli dannati, poi demoni, con in testa un Lucifero che vive sulla propria pelle il cambiamento di status cui lo condanna la sconfitta (da soprano a basso profondo).

Ad un libretto denso di richiami alla teologia scolastica come quello scritto da mons. Salvatore Scaglione (1624-1680), illustre prelato napoletano nonché consigliere del re di Spagna Carlo II d’Asburgo, corrisponde un rivestimento musicale che mischia caratteri del passato ad altri anticipatori di sviluppi futuri: degno di nota è, ad esempio, lo spazio insolitamente ampio riservato alla compagine strumentale (violini e basso continuo), mentre scontata, a questa altezza cronologica (seconda metà del Seicento), appare l’importanza dei passaggi corali, come quelli a 5 e 6 voci che incorniciano l’opera dopo la breve sinfonia, o i già citati scontri tra angeli e demoni.
Rimarchevole è anche l’impiego, più o meno esplicito, di movenze di danza in diversi numeri vocali, come la prima aria del Padre Eterno (una ciaccona) o «Pensieri guerrieri» di Lucifero, in tempo di giga, oltre che in diversi ritornelli strumentali.
Senza dubbio, l’assenza dal libretto della figura del narratore (historicus) ha consegnato al compositore, il barese Francesco Niccolò de’ Rossi (1625ca-post 1699), un più ampio margine di manovra nello sviluppo delle sezioni solistiche, vivificate da procedimenti di pittura sonora molto intensi ed efficaci. La valorizzazione di questo autore, a lungo confuso con altri omonimi sparpagliati nel resto della Penisola, è un’altra delle ragioni che giustificano la riscoperta di questo lavoro. E' noto come all’epoca i conservatori napoletani accogliessero diversi eccellenti allievi pugliesi, e il Nostro non fa di certo eccezione: registrato come allievo presso il Sant’Onofrio a Capuano, ne diviene maestro di cappella già nel 1669, prima di tornare in patria quale maestro di cappella in cattedrale, e quindi a Venezia dal 1686, maestro di coro all’Ospedale dei Mendicanti e compositore di diverse opere andate in scena nei teatri della città.
La circostanza che il manoscritto dell’oratorio giaccia tuttora nella inaccessibile biblioteca dei Girolamini di Napoli costituisce l’ultimo, non secondario, valore aggiunto ad una operazione che ambisce a gettare un ulteriore sguardo critico all’immenso, e in parte ancora inesplorato, patrimonio musicale partenopeo seicentesco.

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