domenica 20 agosto 2017

Meditazione sulla Sapienza (Dominica XI post Pentecosten, IV augusti, ad Matutinum)

Letture del Mattutino della XI Domenica dopo Pentecoste (IV di agosto)

Letture bibliche (I, II e III):    Ecclesiasticus (Siracide)  I, 1-5 ; 6-10 ; 11-16
Letture patristiche (IV, V e VI) S. Gregorio Papa, Moralia, liber 1, cap. 10
Vangelo: S. Marco VII, 31-37
Omelia (VII, VIII e IX): S. Gregorio Papa, Homilía X, liber 1 in Ezech.


Vasilij Belajev, La Santa Sapienza

Meditazione

Nello scritto di S. Gregorio Papa ci vengono presentati due diversi modelli: da una parte uno positivo, di prudenza, dall'altra un modello negativo, che tutto sommato potremmo definire di superbia o noncuranza verso le cose di religione. Perché si è detto che sono due modelli contrari? Linguisticamente e logicamente il contrario di prudenza è imprudenza e il contrario di superbia è umiltà. Ma tanto l'imprudenza quanto la superbia, così come la prudenza e l'umiltà vengono da Dio, vengono da Satana, dal demonio. Particolarmente, l'imprudenza è uno degli atteggiamenti preferiti dal diavolo, perché ci fa tralasciare di meditare le nostre azioni che andrebbero differite o evitate, aumentando la probabilità che noi commettiamo un errore; ovviamente anche il primo atteggiamento, ch'abbiam definito di superbia, ma comprende anche mancanza di spiritualità, disprezzo della fede, non può venir che da Lucifero. Ma in che modo questi due atteggiamenti negativi, che si è capito provenire dal demonio, ci vengono instillati? Noi sappiamo che il demonio, benché vogliasi presentare come potente, è in realtà assolutamente impotente, e non ha dunque alcun potere su di noi dovendo addirittura chiedere a Dio il permesso per poterci "attaccare". Egli può solamente tentarci, per farci errare dalla via della salute. In che modo allora egli ci tenta per condurci all'imprudenza, alla superbia, al disprezzo delle cose di religione? Alla base di tutto ciò sovente vi è una tentazione particolare, che viene comunemente definita "sapienza", ma che sarebbe più corretto definire nozionismo. Cos'è il nozionismo, altresì detto "sapienza degli uomini"? Si tratta di quel cumulo di nozioni e conoscenze sensibili che rendono una persona colta, dotta, ma che hanno una radice in sé sbagliata, o meglio insufficiente, perché non hanno radice in Cristo. Nel Vangelo di S. Giovanni sta scritto: "Veritas vos liberabit" (VIII, 31), la verità vi farà liberi. Ebbene, questo motto, a qualcuno che non conosce il Vangelo, suonava molto illuminista o massonico, dacché questi movimenti anticristiani propugnarono proprio la conoscenza e l'istruzione come mezzi di emancipazione da quelle che loro definivano "pietre d'inciampo sulla via del progresso umano", come diabolici mezzi d'emancipazione dunque da Cristo e dalla sua Santa Chiesa. Ma l'istruzione ch'essi proponevano non può in modo veruno portare alla vera sapienza: portavano forse a una conoscenza delle cose di questo mondo, ma essa si può forse dire vera sapienza? Ma ciò che è peggio, è che questa conoscenza vana porta a ritenere di avere consapevolezza delle cose, ma non porterà mai alla vera conoscenza del Creato così come lo ha stabilito Iddio. Anzi, porta a insuperbirsi, a ritenere di avere una sapienza che in realtà non si possiede, e di conseguenza si diventa imprudenti, perché si pensa di avere i mezzi per affrontare il nostro esilio terreno, mezzi che con questa "sapienza" senza Cristo non ci sono dati.
Un esempio molto attuale, molto comune, ma molto triste: due ragazzi sui vent'anni, non isposati, decidono d'unirsi carnalmente perché "si vogliono bene e vogliono darsene prova"; e in più, poiché presumono e pretendono a mal diritto di avere consapevolezza dei loro atti, adoperano metodi anticoncezionali per "evitare che le cose vadano male". In questo caso essi credevano di conoscere, di avere consapevolezza, ma sapevano forse delle gravissime conseguenze che avrebbe avuto il loro atto, in prima istanza a livello psicologico nella vita, poiché si son depauperati del dono della riproduzione, sprecandolo con persone da sé slegate, e impedendo addirittura il fine medesimo dell'atto, e per di più le grandissime conseguenze che ciò avrà al momento del loro particolare giudizio, in cui Cristo siederà qual giudice nel terribile tribunale, al momento in cui si giudicherà della salute eterna delle loro anime, le quali a cagione di quella presunzione e quell'imprudenza che li portarono a consumare un'atto tanto impuro, qualora non ne provassero sincero pentimento, han già anzi a sé il terribile fuoco dell'eterna dannazione.
Qual'è dunque, dopo tanti esempi negativi, la Sapienza che va veramente ricercata? Ce lo spiega la lettura dell'Ecclesiastico, del Siracide, che riprendendo le parole del salmo CX ci dice: Initium sapientiae timor Domini. Non vi è sapienza che non abbia il proprio fondamento nella fede cattolica: senza la fede non vi è sapienza. Del resto tutto il prologo del libro dell'Ecclesiastico, così come quello della Sapienza di Salomone, è dedicato alla ricerca della vera sapienza e della sua origine. E sin dal primo versetto ci viene spiegato che Omnis sapientia a Domino Deo est, et cum illo fuit semper. Non vi può essere, né mai potrà esservi, vera sapienza slegata dalla vera fede. Ci potrà essere, come già detto, nozionismo, che però è sterile, che forse fa conoscere il fatto, ma non dà conoscenza né della causa né della conseguenza. Quelle vengono solo dalla vera sapienza, la cui radice insostituibile è Unus, altissimus, creator omnipotens, rex potens et metuendus nimis, sedens super thronum illius, et Dominus: Deus.
E si è detto che la sapienza viene da Dio, ma in che modo? Ciò ci viene presentato nell'Evangelo letto, che presenta di per sé dei miracoli di Nostro Signore. E' tuttavia interessante la riflessione che ne fa S. Gregorio, perché legge il doppio significato dei miracoli di Nostro Signore Gesù Cristo: da una parte vi è il segno tangibile che mostra alle genti la potenza del Figlio di Dio, del Messia: d'altra parte c'è il significato "mistico", nascosto, che S. Gregorio in questa sua omelia analizza: nel momento in cui Nostro Signore sana il sordo, non guarisce solamente la sua facoltà uditiva in senso corporale, ma digitus in auriculas mittere est per dona Spiritus Sancti mentem surdi ad oboedientiam aperire, mettere il dito nell'orecchie del sordo significa, attraverso i doni dello Spirito Santo, aprire la mente del sordo all'obbedienza. Ebbene sì, dallo Spirito Santo viene a noi uomini ogni sapienza di Cristo: la scienza e il timor di Dio, che abbiam detto essere il principio della sapienza, sono due dei doni che lo Spirito Santo ha concessi alla Chiesa, e di cui partecipiamo nel Sacramento della Cresima. Poche righe dopo S. Gregorio dice: Et lingua per salivam oris, id est per scientiam locutionis, solvi debet ad verba praedicationis, e così, come la lingua del muto si sciolse per la saliva della bocca, che rappresenta la scienza del parlare, così anche la nostra dev'esser sciolta al fine della predicazione, dell'annunciare Cristo. Lo Spirito Santo manda i suoi doni sulla Chiesa e sui suoi fedeli, e tra questi doni vi sono la scienza e l'intelletto, come tutti sappiamo, e tutti questi doni concorrono a portarci alla Sapienza di Cristo, la quale è fondata su due atteggiamenti fondamentali che ci sono appunto stati spiegati da S. Gregorio nell'omelia su questo Vangelo:

  1. Comprendere gli insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo, i quali contengono in sé il modo di capire ogni concetto e nozione, e solo comprendendole in tal modo, obbedendo ai comandi di Dio; per questo si dice che lo Spirito "apre la mente all'obbedienza di Dio", perché questo significa "aprire la mente", e non aprirsi ad accettare ciò che diverge dalla verità cristiana, come vorrebbe qualche laicista: l'apertura significa capire che bisogna obbedire, a chi bisogna obbedire, cioè a Cristo, e come bisogna obbedirgli; e tramite questa obbedienza si giunge a ottenere la consapevolezza di ciò che è utile, di ciò che è necessario, delle cause celesti e delle conseguenze ultraterrene delle azioni. Basti pensare ai Comandamenti, i quali sono la legge fondamentale dataci da Dio a cui noi obbediamo, in cui vi è inscritta tutta l'utilità e la necessità morale, sia dal suo punto di vista negativo (proibizione), che positivo (comando).
  2. Utilizzare sapientemente il dono che è stato dato a molti di noi, che è quello di saperci esprimere; ma perché ci fu dato? Non certo per discutere della partita dell'altro giorno o delle vicende del vicino di casa. Tutto ciò ci è stato dato unicamente per diffondere in tutta la terra il verbo di Nostro Signore Gesù Cristo incarnato, il cui nome sia sempre benedetto.
Perché infatti, essendo tutto da Nostro Signore Gesù Cristo, per quem omnia facta sunt, tutto torna a Nostro Signore Gesù Cristo: noi tutti vi torniamo alla morte, venendo da Lui giudicati particolarmente, e tutto tornerà a Lui il giorno del giudizio, quand'egli verrà nella gloria judicare saeculum per ignem.

Sia lodato Gesù Cristo.

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